SAN FRANCESCO E L’IDEOLOGIA ANIMALISTA
Di don Marcello Stanzione
Di don Marcello Stanzione
San Antonio abate, che si festeggia il 17 Gennaio, è considerato il protettore degli animali domestici, mentre san Francesco d’Assisi che si festeggia il 4 Ottobre, viene considerato il protettore dei volontari della protezione animali che in quella data indicono la loro giornata di sensibilizzazione nazionale. Indubbiamente il rapporto dell’uomo occidentale con gli animali è negli ultimi decenni sensibilmente migliorato. E’ infatti cresciuta la percezione dell’interdipendenza biologica tra il mondo umano e quello animale all’interno di ecosistemi i cui equilibri multipli possono venire garantiti soltanto da una mutua condivisione delle risorse della terra. In una recente sentenza dell’Alta Corte del Kerala si sottolinea che gli animali: “ anche se non appartengono al genere homo sapiens, sono esseri viventi che hanno diritto a un’esistenza dignitosa e ad un trattamento umano senza crudeltà e torture… Quindi, non è solo nostro dovere fondamentale mostrare compassione per gli amici animali, ma anche riconoscere e proteggere i loro diritti…Se gli uomini hanno diritti fondamentali, perché gli animali non possono averli?”. L’esigenza di fornire agli animali un’esistenza dignitosa è configurata dall’Alta Corte del Kerala come un vero e proprio diritto, che sta, a sua volta, a fondamento di una serie ulteriore di diritti che vanno dalla nutrizione e dall’attività fisica alla libertà dalla sofferenza e dalla paura, fino all’offerta della opportunità di interagire con altri soggetti della stessa specie. Ma è lecito e possibile parlare di “diritti degli animali”? Per la dottrina cattolica tra gli uomini e gli animali esiste una differenza non solo accidentale o quantitativa, ma sostanziale e qualitativa. L’uomo, a differenza di tutti gli animali, comprese le scimmie più evolute, è un essere intelligente e libero, ha un’anima spirituale e un destino soprannaturale. Solo agli uomini e alle donne spetta la dignità di persona umana, con i conseguenti diritti che ne derivano. Gli animali non sono “persone”, proprio perché non sono capaci di intendere e di volere: non hanno diritti perché non hanno doveri. I loro comportamenti seguono la legge dell’istinto, impressa dal Signore nella loro natura. L’uomo ha in comune con gli animali la natura fisica, ma ciò che da essi lo distingue è la natura razionale. Questa natura fa si che l’uomo non assecondi tutti gli istinti del suo corpo, ma li reprima, li ordini e li finalizzi verso fini superiori. La legge naturale non è dunque la legge zoologica degli esseri viventi, ma l’ordine morale e metafisico del creato che l’uomo può scoprire con la sua ragione. Come afferma il prof. Roberto De Mattei: “Il processo di degradazione intellettuale del nostro tempo vorrebbe trasformare gli uomini in bestie negando loro la natura spirituale, e gli animali in umani, attribuendo loro la dignità di persone”. Per noi cattolici è sconcertante la notizia dell’approvazione da parte del parlamento spagnolo del 26 giugno 2008 di una legge che estende alle “grandi scimmie” (gorilla, scimpanzé, oranghi) alcuni diritti umani. E’ questa la logica ugualitaria del “Progetto Grande Scimmia” Proposto da Tom Regan o dall’australiano Peter Singer e dall’italiana Paola Cavalieri e recepito da Zapatero. I due animalisti sostengono che tra uomini ed animali non esisterebbero confini, né biologici né morali. Ciò che attribuirebbe diritti ad un essere vivente, non è secondo essi, la ragione e la volontà, ma l’autocoscienza e la capacità di soffrire e di godere. Uno scimpanzé, ma anche un cane avrebbero un grado maggiore di una persona cerebroleso. Per questi animalisti, i feti, gli handicappati, i neonati, sono considerati esseri viventi, ma non persone. Singer nel suo testo “Etica pratica” attribuisce la qualifica di persone, con conseguenti diritti, a scimpanzé, balene,delfini, cani, gatti, maiali, foche, orsi in una lista che egli definisce ancora incompleta, ma che seleziona “specie dotate di facoltà mentali sviluppate”. Le conseguenze di tali premesse sono inesorabili. La vita non solo di un feto, ma di un neonato, ha meno valore della vita di un cane o di uno scimpanzé. Un bambino appena nato, sostiene Singer vale quanto una lumaca. Invece per la dottrina cristiana quando Dio ebbe creato il mondo e gli dette a re l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, mostrò all’uomo tutte le creature e volle che egli desse loro un nome, per distinguere queste da quelle. E, si legge nella Genesi “che ogni nome che Adamo diede agli animali era buono, era il vero nome”. Ed ancora nella Genesi si legge che Dio, avendo creato l’uomo e la donna, disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza, perché domini i pesci del mare, i volatili del cielo, le bestie e tutta la terra e i rettili che strisciano su di essa”. E, creata la donna, come egli fatta ad immagine e somiglianza di Dio, disse Dio all’uomo ed alla donna: “Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra e rendetela soggetta, e dominate sui pesci del mare, sui volatili del cielo e sopra tutti gli animali che si muovono sulla terra”, e disse ancora: “Ecco, vi ho date tutte le erbe che fanno seme sulla terra e tutte le piante che hanno in sé semenza della loro specie, perché servano da cibo a voi ed a tutti gli animali della terra ed agli uccelli del cielo ed a quanto si muove sulla terra ed ha in sé anima vivente, affinché abbiano vita”.
Gli animali e le piante, e tutto quanto il Creatore ha creato per utile dell’uomo, rappresentano dunque un dono d’amore ed un patrimonio dato in custodia dal Padre ai figli, perché lo usino con loro utile e con gratitudine verso il Datore di ogni provvidenza. Perciò vanno amati e trattati con giusta cura. Che diremmo noi di un figlio al quale il padre desse vestiti, mobili, denaro, campi, case, dicendo: “Te li dono per te e per i tuoi successori perché abbiate di che essere felici. Usate di tutto questo con amore, in ricordo del mio amore che ve lo dona”, e che poi, sia il figlio che i figli di lui, lasciassero rovinare tutto o dilapidassero ogni bene? Diremmo che non hanno fatto onore al padre , che non hanno amato il padre ed il suo dono. Ugualmente l’uomo deve avere cura di quanto Dio, con cura provvidenziale, gli ha messo a disposizione. Cura non vuol dire idolatria, né affetto smodato per le bestie o le piante, o qualsiasi altra cosa. Cura vuol dire senso di pietà e di riconoscenza per le cose minori, che ci servono e che hanno la loro vita, ossia la loro sensibilità.
L’anima vivente delle creature minori, delle quali parla la Genesi, non è l’anima quale l’ha l’uomo. E’ la vita, semplicemente la vita, ossia l’essere sensibile alle cose attuali, tanto materiali che affettive. Quando un animale è morto, è insensibile, perché con la morte per esso è la vera fine. Non c’è futuro per esso. Ma finché è vivente soffre la fame, il freddo, la stanchezza, è soggetto a ferirsi e soffrire, a godere, ad amare, ad odiare, ad ammalarsi e morire. E l’uomo, in ricordo di Dio che gli ha dato quel mezzo per rendergli meno aspro l’esilio sulla terra, deve essere umano verso le creature minori che sono gli animali. Nel Libro di Mosè non è forse prescritto di avere sensi di umanità anche per gli animali, volatili o quadrupedi che siano?
Bisogna saper vedere con giustizia le opere del Creatore. Se si guardano con giustizia si vede che sono “buone”, e cosa buona va sempre amata. Si vede che sono cose date per fine buono e per impulso d’amore, e come tali le possiamo, le dobbiamo amare, vedendo, oltre l’essere finito, l’Essere Infinito che le ha create per noi. Si vede che sono utili, e come cose utili vanno amate. Nulla, ricordiamocelo bene, è stato fatto senza scopo nell’universo. Dio non sciupa la sua perfetta potenza in cose inutili. Il filo d’erba non è meno utile del tronco poderoso al quale si appoggia un temporaneo rifugio. La stilla di rugiada, la piccola perla della brina, non sono meno utili dell’immenso mare. Il moscerino non è meno utile dell’elegante, ed il verme che sta nel fango del fossato meno della balena. Nulla di inutile è nel creato. Dio tutto ha fatto con fine buono, con amore per l’uomo. L’uomo deve usare tutto con retto fine e con amore per Dio, che gli ha dato tutto quanto è sulla terra perché sia suddito al re del creato.
Talvolta noi diciamo che l’animale serve, spesso meglio degli uomini, gli uomini. Gli animali, le piante, i minerali, gli elementi superano tutti l’uomo nell’ubbidire, seguendo passivamente le leggi creative, od arrendendosi all’addomesticamento allo scopo per il quale sono stati creati. La sensibilità dei cristiani nei confronti degli animali e l’impegno a creare condizioni perché possano vivere dignitosamente nasce dal dato biblico e respinge le tesi di animalisti estremisti, le cui tesi vanno dall’abbandono di ogni forma di specismo, all’assegnazione agli animali di un valore inerente fino alla possibilità di applicare loro lo stesso concetto di persona. Come cristiani, mantenendo intatta l’asimmetria tra mondo animale e mondo umano, è possibile utilizzare il termine diritti anche in riferimento agli animali se lo si intende in senso derivato, non attribuendogli cioè il significato di tutela del margine di responsabilità morale della persona, ma limitando la sua definizione alla pretesa di ottenere il rispetto del proprio essere, e in particolare la propria integrità fisica e psichica. Sono anticristiani tutti gli atteggiamenti verso gli animali ispirati all’indifferenza e alla crudeltà.
Nessun commento:
Posta un commento