Chi ha avuto modo di seguire qualche documentario sugli animali, o si è trovato a leggere libri sul loro comportamento, ha imparato che spesso gli insetti sono attratti dai colori dei fiori. Colori che a volte traggono in inganno e portano l’animale alla morte. Lo stesso può succedere all’uomo se non ha una buona conoscenza di certe piante ma se ne lascia attrarre semplicemente dal colore. Tra queste, la Digitalis purpurea è stata studiata a fine ‘700 dal professor William Withering dell’Università di Edimburgo, che ne ha scoperto l’utilità nel trattamento dello scompenso cardiaco. Pianta appartenente alla famiglia delle Scrophulariaceae, la Digitalis agisce sul cuore diminuendone il numero delle contrazioni e aumentando la pressione arteriosa. È efficacissima negli edemi polmonari e nelle stasi venose. Occorre tuttavia ricordare che la Digitale non viene eliminata rapidamente dall’organismo e può quindi dar luogo a fenomeni di accumulo; va pertanto somministrata con grande prudenza e sotto il controllo medico, perché velenosa in dosi non terapeutiche. Quest’erba perenne dal fusto poco ramificato è caratterizzata dal color porpora dei suoi fiori. Cresce spontanea in tutti i luoghi selvatici e montuosi della nostra Penisola, ma viene anche coltivata a scopo industriale per estrarne prodotti farmaceutici. In passato era considerata emetica, purgativa e colagoga. Emetica perché in grado di stimolare il vomito; purgativa perché aiuta la diuresi; colagoga perché stimola la secrezione biliare. Della pianta vengono utilizzate soprattutto le foglie. Queste vengono raccolte nel secondo anno di vita della piantina, al momento della fioritura che avviene tra maggio e luglio. Vengono fatte essiccare a temperature inferiori ai 40°C sia all’ombra che al sole, ma rapidamente, per evitarne la fermentazione che può avvenire anche in seguito, in presenza di umidità e di calore adatto.
Usi:
Preparazione di un infuso con azione diuretica:
si prendono 10 gr si foglie secche e polverizzate;
si mettono in un litro d’acqua bollente;
va quindi presa a tazzine nelle 24 ore.
Noto in passato era il vino di Trusseau preparato con Digitale ed altre erbe ad azione collaterale.
Ingredienti:
10 gr di parti di Digitale secche
squame di scilla 25 gr
acetato di potassio 100gr
marsala 200gr
alcool a 60°C 200gr.
Preparazione: si lasciano macerare le erbe nell’alcool, agitando spesso, per la durata di 5-6 giorni, quindi si passano attraverso un panno e si aggiunge infine l’acetato di potassio e il marsala: si lascia ancora riposare, si filtra e si può conservare a lungo, quale diuretico e cardiotonico, da utilizzare a piccoli bicchierini.
N. B.
Ad ogni buon conto è sempre meglio acquistare in farmacia i rimedi estratti da essa. Oltrepassando le dosi terapeutiche, si possono avere i primi sintomi di avvelenamento, che si manifesta con rallentamento del polso, vomito, diarrea, sudori profusi, pupilla dilatata, emissione involontaria di orina. In attesa del medico si provvede a svuotare lo stomaco provocando il vomito e praticando clisteri purgativi, si somministra caffè forte e stimolanti e si dispone il paziente in assoluto riposo in posizione orizzontale.
Curiosità:
Questa’erba che fra i vari effetti può quindi causare intorpidimento, veniva usata dalle ianare durante i loro riti magici. Le ianare altro non erano che semplici donne note a Benevento per i loro “poteri magici” che altro era che una buona conoscenza delle proprietà di alcune piante.
In letteratura:
Il poeta decadente Giovanni Pascoli ha intitolato una poesia a questa pianta officinale.
Il bordone - L' aquilone
"Digitale Purpurea "
I Siedono. L'una guarda l'altra. L'unaesile e bionda,
semplice di vestie di sguardi; ma l'altra, esile e bruna, l'altra...
I due occhi semplici e modestifissano gli altri due ch'ardono.
«E mainon ci tornasti?» «Mai!» «Non le vedesti più?»
«Non più, cara.» «Io sì: ci ritornai;e le rividi le mie bianche suore,
e li rivissi i dolci anni che sai;
quei piccoli anni così dolci al cuore...»L'altra sorrise.
«E di': non lo ricordiquell'orto chiuso?
i rovi con le more?
i ginepri tra cui zirlano i tordi?i bussi amari? quel segreto cantomisterioso, con quel fiore, fior di...?»
«morte: sì, cara». «Ed era vero? Tantoio ci credeva che non mai, Rachele,sarei passata al triste fiore accanto.
Ché si diceva: il fiore ha come un mieleche inebria l'aria; un suo vapor che bagnal'anima d'un oblìo dolce e crudele.
Oh! quel convento in mezzo alla montagnacerulea!» Maria parla: una manoposa su quella della sua compagna;
e l'una e l'altra guardano lontano.
II
Vedono. Sorge nell'azzurro intensodel ciel di maggio il loro monastero,pieno di litanie, pieno d'incenso.
Vedono; e si profuma il lor pensierod'odor di rose e di viole a ciocche,di sentor d'innocenza e di mistero.
E negli orecchi ronzano, alle bocchesalgono melodie, dimenticate,là, da tastiere appena appena tocche...
Oh! quale vi sorrise oggi, alle grate,ospite caro? onde più rosse e lietetornaste alle sonanti camerate
oggi: ed oggi, più alto, Ave, ripete,Ave Maria, la vostra voce in coro;e poi d'un tratto (perché mai?) piangete...
Piangono, un poco, nel tramonto d'oro,senza perché. Quante fanciulle sononell'orto, bianco qua e là di loro!
Bianco e ciarliero. Ad or ad or, col suonodi vele al vento, vengono. Rimanequalcuna, e legge in un suo libro buono.
In disparte da loro agili e sane,una spiga di fiori, anzi di ditaspruzzolate di sangue, dita umane,
l'alito ignoto spande di sua vita.
III
«Maria!» «Rachele!» Un poco più le manisi premono. In quell'ora hanno vedutola fanciullezza, i cari anni lontani.
Memorie (l'una sa dell'altra al mutopremere) dolci, come è tristo e pioil lontanar d'un ultimo saluto!
«Maria!» «Rachele!» Questa piange, «Addio!»dice tra sé, poi volta la parolagrave a Maria, ma i neri occhi no: «Io,»
mormora, «sì: sentii quel fiore. Solaero con le cetonie verdi. Il ventoportava odor di rose e di viole a
ciocche. Nel cuore, il languido fermentod'un sogno che notturno arse e che s'eraall'alba, nell'ignara anima, spento.
Maria, ricordo quella grave sera.L'aria soffiava luce di balenisilenzïosi. M'inoltrai leggiera,
cauta, su per i molli terrapienierbosi. I piedi mi tenea la foltaerba. Sorridi? E dirmi sentia: Vieni!
Vieni! E fu molta la dolcezza! molta!tanta, che, vedi... (l'altra lo stuporealza degli occhi, e vede ora, ed ascoltacon un suo lungo brivido...) si muore!»
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